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Voce del verbo camminare

Voce del verbo camminare - Nuovicontesti

Per me la parola camminare è simbolo del cambiamento costante, dell’evoluzione, dell’incontro con realtà sempre nuove. È l’ingrediente di un percorso a misura d’uomo, organico, che ha al centro l’esperienza personale e il piacere di poterne condividere alcuni aspetti.

Come mi è capitato di scrivere altre volte, trovo ormai impossibile separare il mio vissuto dal lavoro che faccio. Il modo in cui affronto ogni cosa somiglia al camminare: quando incontro un elemento, una questione, un tema che accende la mia curiosità raramente passo avanti senza fermarmi. Mi concentro, mi lascio condurre per un poco, se occorre approfondisco e poi lascio decantare. Molto spesso imparo qualcosa di nuovo, oppure trovo spunti per far nascere – il più delle volte non subito – nuove idee.

Camminando idealmente, ogni occasione è valida per avviare riflessioni serie ma anche per attivare qualche corto circuito. Ad esempio sto leggendo un libro, ma improvvisamente mi stacco dal contenuto come se dovessi farne la revisione. A questo punto non resisto dall’appuntare, sul margine della pagina, il piccolo refuso invisibile che trovo dentro al volume, la didascalia che scriverei, il sottotitolo che aggiungerei. Altrettanto improvvisamente mi sveglio dal mio volo pindarico in veste di revisore di bozze, torno al paragrafo dove ero arrivata e sorrido di me.

Quando cammino cerco di cogliere i dettagli di colore, di suono, di atmosfera. Tutto questo andrà ad arricchire il lavoro che faccio con le parole, un lavoro da modulare su tanti strumenti e canali diversi. Un gioco molto serio che richiede capacità di immaginazione, sguardo d’insieme, attenzione al dettaglio, metodo, pazienza, un poco di leggerezza e tanto, tanto tempo.

Camminando, vedo un gatto arancione nel cortile di una casa abbandonata. Nella mia testa vedo il gatto molto più arancione di quello che è. Anzi, sono obbligata a vederlo più arancione per far sì che spicchi meglio rispetto all’intonaco azzurrino della casa e perché si ricolleghi visivamente alla ruggine sulla cancellata bianca. Il gatto è fermo, ma sta per saltare giù dalla tettoia. O meglio, io lo farei saltare giù, per andare in cerca di cibo, di una coccola o di una lucertola da rincorrere.

Nell’azione di camminare, metaforica o reale, il tipo di gioco – o meglio il tipo di lavoro, il lavoro di raccolta – non cambia. Cambiano il paesaggio e lo scenario in cui ci troviamo, e gli elementi che abbiamo colto ci serviranno per creare nuovi contesti.

Gli elementi che hanno creato il varco – verso una emozione, una sensazione, una visione – devono coordinarsi tra loro, uscire da se stessi e superare la forza di attrito iniziale per avviare un racconto rivolto a qualcuno. Devono trovare la forza di aprire tutte le finestre e prendere aria. Devono muoversi, agire, generare a loro volta movimento, far interagire e far dialogare. Hanno il compito di inventare [ri-trovare], mostrare e condividere nuove strade. A tutti i livelli: per le gambe, per il cuore, per la mente.

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